Non avevo mai osato nemmeno pensare di percorrere la rampa di scale che
portava alla sua stanza e, lentamente, con il cuore in gola, come se di sopra
si nascondesse l’antro di un mostro, salii i gradini. Giunta al piano
superiore, mi trovai subito davanti a una porta, dopo un piccolo disimpegno.
Quel piano, evidentemente, era tutto suo.
Mi fermai dietro la porta, dove mi giungeva attutita la musica che
proveniva dall’interno: riconobbi I refuse dei Five Finger Death Punch. Alzai il braccio per bussare e ne mimai il gesto e, per ben due volte non
osai, ma quando, al terzo tentativo, udii il suono delle mie nocche che
sbattevano contro l’uscio, mi spaventai. Ormai era fatta.
La porta si schiuse appena e la musica mi investì assieme al profumo di
Nico, un misto di bagnoschiuma e dopobarba che mi stordì. La sua sorpresa nel
vedermi lì, non fu neanche lontanamente paragonabile alla mia. Con i capelli
bagnati e gocciolanti, e un asciugamano avvolto intorno ai fianchi, mi fece
quasi venire un infarto; aprì di più la porta, trattenendola dalla maniglia e
si appoggiò con la spalla allo stipite. Quando si soffiò via il ciuffo per
spostarselo dagli occhi, io persi contatto con la realtà. Il suo respiro, che
sapeva di menta, e il suo profumo mi avvolsero in una malia sensuale.
Mi scordai il motivo per cui ero andata a cercarlo, e credo dimenticai chi
fossi e come si respirasse.
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