sabato 30 aprile 2022

Tu, la mia Itaca


Breve estratto da "Tu, la mia Itaca" Qui <3

-Ne avvertii la presenza come un soffio di vento dietro la nuca. Indecisa se far finta di nulla, aspirai una boccata di fumo osservando la luna alta sopra le montagne. La ragione mi diceva di rientrare e fingere di non averlo notato, ma qualcosa mi spinse a provocarlo.
«È preoccupato per la mia pelle anche adesso? Crede che anche la luna di marzo possa bruciarmi?» domandai senza voltarmi a guardarlo. La sua risata profonda non tardò a giungere.
«Se la disturbo vado via» si offrì.
«Il locale è suo, e quando mi sentirò disturbata dalla sua presenza, sarò io a rientrare, ma certo non prima di aver finito questa» dissi sollevando la sigaretta che avevo tra le dita. Mi voltai con le spalle alla ringhiera e gettai fuori una boccata di fumo che salì lentamente fino a lui.
Nico era un’ombra appoggiata mollemente alla ringhiera, ne distinguevo la sagoma illuminata dalla luna e dalla luce alle sue spalle, ma non potevo coglierne i tratti. Si appoggiò con il mento sugli avambracci e mi osservò o, per lo meno, così mi parve.
«Come mai sveglia a quest’ora?» chiese.
«Soffro d’insonnia, e lei come mai?» ricambiai, curiosità per curiosità.
«Dormo poco anch’io e mi piace stare qui a godermi il silenzio» si rialzò e inspirando profondamente parve osservare il panorama.
«Bene, la lascio al suo silenzio. Buonanotte» lo salutai cogliendo al volo l’occasione per interrompere quella conversazione: mi stava coinvolgendo più del necessario.
«Aspetta!» esclamò passando al tu; alzai la testa e lo guardai mentre cercava di sporgersi pendendo con tutto il busto fuori dalla ringhiera. I capelli gli ricaddero in avanti coprendogli il viso. «Scenda giù, le offrirò qualcosa da bere che la farà dormire sicuramente» tornò a rivolgersi a me dandomi del lei, con quella che avrebbe voluto essere una gentile richiesta, ma che alle mie orecchie risuonò più come un ordine.
«Non mi pare il caso, è tardi. Dovrei cambiarmi, sono in pigiama e…»
«E sono solo scuse. Scenda così, con il cappotto» e davanti al mio silenzio titubante, perseverò nella sua opera di convincimento. «Su, non si faccia pregare» insistette.
Mi trovai davvero in una situazione difficile, combattuta fra la voglia di scendere e la consapevolezza che sarebbe stato più prudente non farlo. Lui capì il mio stato d’animo e lo sentii ridere.
«Ci vediamo di sotto» disse intuendo di aver abbattuto le mie reticenze e sparì lasciandomi lì, con lo stomaco annodato dall’ansia.

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